Su HBR esperti di McKinsey analizzano gli impatti della globalizzazione e dell'apertura dei mercati sull'economia Usa. Tra il '90 e il 2007 il commercio internazionale è cresciuto di 10 volte in valori nominali; negli ultimi 10 anni gli Usa hanno attratto capitali dall'estero per 2 trilioni di dollari, i consumatori americani hanno goduto di un ampliamento di beni a prezzi ridotti sul mercato interno.
Gli effetti negativi, aggravati dalla crisi finanziaria, hanno colpito in maniera generalizzata: tra il 2005 e il 2014 l'80% degli americani hanno sofferto una riduzione di salari e altre redditi. La minor propensione alla mobilità (altri lavori, migrazione interna) non ha aiutato. Benché il commercio incida solo per il 20% sull'andamento dell'economia, gli effetti negativi della globalizzazione sono concentrati territorialmente e focalizzati su alcune categorie, mentre gli effetti positivi sono diffusi e generalizzati: i primi sono spesso sovrastimati, questi ultimi sono sottovalutati.
McKinsey propone di non adottare misure protezionistiche, ma adottare una strategia basata su innovazione, energie alternative, di spingere sulla produttività, incoraggiare e Pmi di casa a esportare, di adottare politiche di riqualificazione del lavoro. La digitalizzazione, che ha negli Usa il suo motore principale, è il grande asset su cui puntare. Vale per gli Usa, e forse anche per l'Italia e l'Europa, e in netta contrapposizione con i segnali della nuova presidenza Usa