Nella newsmail che il Corriere invia quotidianamente, Luca Angelini riporta le idee di Dani Rodrik, economista di Harvard.
Rodrik sostiene che il populismo di destra è stato avvantaggiato dalla sparizione di buoni posti di lavoro, a seguito della globalizzazione. E in prospettiva le cose peggioreranno, automazione e innovazione tecnologica faranno sparire molti buoni posti di lavoro, se non saranno regolate.
La sua ricetta per evitarlo ha 4 ingredienti: Primo, indirizzare le politiche del lavoro verso una formazione professionale che fornisca le competenze, sia tecniche che relazionali, necessarie. Secondo, la politica industriale e regionale deve favorire la creazione di buoni posti di lavoro più che il semplice investimento di capitali. Terzo, le politiche sull'innovazione vanno ripensate: «Al momento non stiamo facendo nulla per investire in tecnologie che aumentino invece di rimpiazzare il lavoro». Quarto, la politica economica internazionale non deve punire i Paesi che volessero muoversi - con sussidi e altre agevolazioni per i «buoni» investimenti -nelle direzioni sopra indicate.
Interessanti soluzioni, con qualche dubbio che può essere risolto con un approfondimento.
Alcune note a margine: gli economisti occidentali critici della globalizzazione dimenticano sempre di citare che sono migliorate le condizioni globali: riduzione della povertà, crescita dei paesi in via di sviluppo. Certo, c'è stata in occidente (e probabilmente anche altrove) una concentrazione della ricchezza, e da noi un impoverimento relativo della classe media. Ma, appunto, è un fatto localizzato.
Delle ricette proposte la prima e la seconda sono indiscutibili. La terza avrebbe bisogno di un deciso approfondimento, al momento non intravvedo soluzioni particolari. Da un lato tecnologie come automazione e digitalizzazione tendono a far sparire soprattutto mansioni ripetitive e a basso valore aggiunto, e a minacciare anche alcune attività intellettuali (diagnosi). Altri filoni tecnologici (come l'intelligenza artificiale ad esempio) richiedono lo sviluppo di competenze da formazione superiore, e come per l'automazione e l'office automation degli anni '80, creano nel medio lungo periodo molti più posti di lavoro di quanti ne abbiano eliminati.
Sull'ultima ho invece forti dubbi: cosa si intende per "politica economica internazionale"? Per ora vedo grandi gruppi tecnologici che si muovono in maniera autonoma dalle decisioni dei governi, e la mancanza di un riequilibrio regolatorio. Difficile capire come, in assenza di accordi internazionali che passino dal WTO, ciò potrebbe realizzarsi.
Con questo, non intendo negare il problema.